Gente dell'est. CAPITOLO I: Un disoccupato

Ho passato gli ultimi 10 anni in questo Paese, come giornalista freelance, a scrivere di rivoluzioni riuscite e mancate, di guerre e annessioni, di villaggi isolati dai bombardamenti e piazze gremite di manifestanti per giornali, riviste e siti italiani, ho deciso di restare qua. L’Ucraina è la mia nuova casa. E il calcio, la mia grande e forse unica passione una volta smesso di scrivere, sarà la mia vita, o almeno spero. Negli ultimi mesi mi sono diviso tra lavoro e corsi da allenatore. Ho ottenuto il patentino e adesso sono ufficialmente sul mercato.

Per il calcio sono un signor nessuno, ma in anni di interviste in giro per il Paese, ho conosciuto moltissime persone. La speranza è che, leggendo il mio annuncio di lavoro, qualcuno possa legare il nome al volto. E, spero, il volto a un attestato di stima.


La mia carriera inizia con tre campionati: ucraina, dove inizierò ad allenare, Russia, che spero possa diventare un bacino di giocatori da dove attingere, e Italia, per la curiosità di sapere se, tra qualche anno, meriterò la fiducia di qualcuno in patria.


Passo tutta la primavera e l’inizio dell’estate a inviare curriculum e annunci di lavoro. La First League ucraina, seconda divisione del Paese, è iniziata a maggio. Andrà avanti fino metà novembre per poi riprendere a marzo, quando il Paese sarà uscito dalla morsa del gelo. Nel frattempo si liberano due panchine, quella del Minaj e quella del Balkany. Ovviamente mi candido per entrambe ed entrambe mi chiamano per un colloquio. Po scetticismo è tanto, i presidenti però hanno anche una certa curiosità per questo sconosciuto che dall'Italia ha scelto proprio l'Ucraina per iniziare la carriera di allenatore. Io ci vado senza troppe pressioni addosso ma ci tengo, ho voglia di misurarmi con una vera squadra e provo a convincere i due interlocutori. Dopo una settimana, del Minaj non c'è traccia mentre mi arriva un'offerta dal Balkany. Propongono un contratto fino alla primavera 2021 e l'obiettivo è la salvezza. 



Prima di proseguire col racconto è il caso di fare il punto
della situazione : dopo 12 partite di First League il Balkany è all'ultimo posto con 5 punti a -8 dal penultimo e -11 dalla salvezza. Al momento della firma la squadra viene da sette sconfitte consecutive. Una sequenza che avrebbe ammazzato anche un rinoceronte. La dirigenza è all'ultima spiaggia, probabilmente nessuno ha voglia di prendere una panchina che è sinonimo di retrocessione imminente e questo forse spiega perché si siano rivolti a me. Io naturalmente accetto ma a una condizione: che mi facciano un contratto fino al 2022. Se davvero dobbiamo retrocedere voglio essere quello che riporterà il Balkany tra i professionisti. Il vicepresidente Zlatov, un omone che indossa quasi sempre un bomber sopra una felpa col cappuccio e porta sulla testa un cappellino da baseball, è piuttosto sorpreso ma la mia follia deve averlo conquistato perché accetta. 




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Lo stadio Borys Tropanets (capienza: 1854) dove gioca il Balkany
DOVE SONO FINITO. Il Balkany è il club di Zorya, un paesino a pochi chilometri dal mar Nero, a 150 chilometri da Odessa. Il nome del club non è casuale: a livello geografico Zorya è nei balcani, ed è stata fondata nel 1831 da coloni bulgari. Un villaggio giovane, e un club giovanissimo: il Balkany ha una storia recentissima. È stato fondato nel 2007 e per dieci anni è stato un club di dilettanti, quarta e poi terza divisione.

La 2017-2018 è stata la prima di First League, che è la seconda divisione ucraina. Per questa proprietà, giocare nell’equivalente della nostra serie B è già un successo: ci vogliono rimanere a tutti i costi. E anche per i prossimi anni, l’obiettivo a lungo termine è quello di diventare habitueé della categoria. Tutto molto bello, ma prima bisogna salvarsi.

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